Paolo Baratta, economista e manager italiano, è stato presidente de La Biennale di Venezia fino a marzo 2020.

Laureato in ingegneria al Politecnico di Milano nel 1963 e B.A. in economia all’Università di Cambridge, UK nel 1965.

Al ritorno in Italia il prof. Pasquale Saraceno gli offre di andare a collaborare allo Svimez, il centro studi sull’economia dello sviluppo fondato nel 1947, dedicato in particolare allo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia. Qui svolge attività di ricerca nel campo dell’economia dello sviluppo con frequenti interlocuzioni con il mondo industriale, con l’IRI, il suo centro studi e quelli delle principali aziende italiane, nonché con autorità di governo. [1]

Pasquale Saraceno

Pur non avendo intrapreso carriera politica, Paolo Baratta è stato sempre di orientamento laico riformista.

In questi anni, oltre a saggi e articoli, pubblica i volumi Gli investimenti industriali nel Mezzogiorno in collaborazione con Mario Amendola (Giuffrè 1978) e Prospettive dell’economia italiana con Lucio Izzo, Antonio Pedone, Alessandro Roncaglia e Paolo Sylos Labini (Laterza 1978).

Paolo Baratta è membro della Società Italiana degli Economisti.

A partire dal 1978, Paolo Baratta è dapprima consigliere e poi vicepresidente di Crediop-Icipu. Nel 1980 è nominato presidente dei due istituti dal ministro del Tesoro Filippo M. Pandolfi [3], d’intesa con la Banca d’Italia, incarico rinnovato nel 1985 [4].

Il periodo 1978-1981 è un periodo assai complesso nella vita pubblica italiana e in particolare proprio in quella del sistema bancario.

Crediop e Icipu erano due istituti creditizi pubblici “gemelli” per il credito a medio termine, fondati da Alberto Beneduce nel 1919 e 1924: il primo per il finanziamento delle opere pubbliche, il secondo per le imprese di pubblica utilità (il cui intervento fu decisivo per dotare l’Italia di infrastrutture di base e di servizi, prima e dopo la seconda guerra mondiale).

I due istituti si trovavano in gravissima difficoltà a fronte delle ingenti insolvenze e perdite su crediti concessi alle Autostrade e ai principali gruppi chimici (Montedison, Liquigas, Sir) [5]. Numerosissimi incontri che si tengono in quegli anni tra i vertici del sistema bancario-assicurativo, della Banca centrale e le autorità di governo conducono faticosamente alla definizione dei piani e delle modalità da adottare per i risanamenti e le liquidazioni.

La ricapitalizzazione, la fusione tra i due istituti e il cambio dello statuto verso una maggior apertura al finanziamento di imprese, consentono la ripresa e lo sviluppo dell’Istituto emerso dalla fusione.

Vengono raggiunti risultati molto positivi in termini di attività e di redditività fin dal 1985 [6][7] e nel 1991 il Crediop viene classificato tra le banche più efficienti d’Europa [8].

A seguito di nuovi indirizzi maturati nel frattempo circa la specializzazione nel credito, si giunge infine all’ingresso del Banco S. Paolo di Torino nell’azionariato del Crediop [9].

È stata definita (se pur impropriamente) la prima privatizzazione.

Sotto la sua presidenza il Crediop diventa sostenitore della Fondazione Valla per i classici greci e latini [14].

Nel corso degli anni ’80, a seguito di acquisizioni di partecipazioni da parte dell’Istituto, Baratta è anche consigliere dell’Olivetti, di Zanussi (Electrolux) e di Setemer (Ericsson). Il Crediop diviene anche azionista del Nuovo Banco Ambrosiano. Tale posizione si dimostra decisiva quando il patto di sindacato che regge il Nuovo Banco Ambrosiano viene messo in crisi dall’uscita della Popolare di Milano e dalle pressioni (in particolare di Mediobanca) per far entrare Assicurazioni Generali (si avrà invece l’ingresso del Credit Agricole). In una vicenda piena di tensioni, un istituto pubblico – perseguendo l’interesse proprio – gioca un ruolo decisivo nel preservare l’autonomia di un istituto privato da un altro soggetto privato considerato “aggressore” [10].

Negli anni ’80, Paolo Baratta è vicepresidente del Banco Ambrosiano Veneto [11], si dichiara difensore della separatezza tra banche e istituzioni finanziarie [12] ed è firmatario del manifesto in favore della moneta europea [13].

Per alcuni anni è vicepresidente dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana), nonché presidente del Centro Alberto Beneduce per gli studi economici e bancari, che si concentra in particolare sul “modello tedesco” e sui nuovi problemi della regolazione dei “pagamenti internazionali”, al crescere dei volumi delle transazioni finanziarie.

Al settore bancario tornerà dopo le esperienze ministeriali, nella qualità di presidente del ramo italiano di Banker’s Trust. Dopo il 2007 sarà per alcuni anni consigliere indipendente di Telecom spa (per alcuni anni presiede il comitato per il controllo e la governance), di Ferrovie dello stato spa e di Edizione Holding spa.

In questi anni Paolo Baratta pubblica numerosi scritti sulle origini e sui problemi del credito a medio termine, sulla specializzazione del credito, sull’origine delle partecipazioni statali, sulla nascita degli istituti speciali in Italia, sulla Banca centrale, sulle figure di Stringher, Beneduce e Menichella (vedi scritti).

Nel 1993, in un momento assai complesso della vita politica italiana, Paolo Baratta è chiamato dal presidente del consiglio Giuliano Amato ad entrare nel governo, come ministro tecnico con il ruolo di ministro delle privatizzazioni [15] con il titolo ufficiale di ministro per le funzioni residue delle partecipazioni statali.

In questo ruolo deve prendere immediata cura delle gravi situazioni critiche presenti in varia misura nel sistema delle imprese a partecipazione statale, nel nuovo quadro emerso con la trasformazione degli enti di gestione in spa (legge del 1992): crisi strutturali non alleviate dalla svalutazione della lira, crisi locali provocate dalle interruzioni dei programmi di investimento, o dalla chiusura di impianti.

Imperversa Tangentopoli.

Paolo Baratta presenta al consiglio dei ministri il primo provvedimento per l’istituzione delle Autorità di regolazione sulle imprese che gestiscono servizi pubblici [20]. Sulla questione ritornerà un successivo governo con un provvedimento definitivo.

In questo breve periodo si occupa in particolare della crisi della siderurgia [16] e conclude gli accordi per la sistemazione delle aree interessate dalla chiusura delle miniere di piombo e zinco in Sardegna [17], partecipa agli accordi sindacali per l’Alenia in un momento di grave crisi dell’aeronautica [18], e mette a punto la delibera Cipe sulle telecomunicazioni [19], introducendo per la prima volta la necessità della separazione tra manifattura e servizi nel gruppo Stet. L’avvio della politica di privatizzazioni pone di fronte a numerosi problemi di natura giuridica, economica e sociale.

Tra il 1993 e il 1994, Paolo Baratta è chiamato nel governo del presidente Ciampi a ricoprire la carica di ministro per il commercio estero e con questo ruolo segue in particolare tutte le fasi finali del negoziato internazionale per il nuovo trattato dei commerci (Uruguay Round) [21] e firma per l’Italia il trattato che istituisce il WTO (World Trade Organization) a Marrakesch nel febbraio 1994 [22].

Nelle numerose riunioni del consiglio dei ministri europeo, Baratta ha tenuto per l’Italia un atteggiamento favorevole alle aperture doganali, in particolare di fronte alle resistenze giapponesi e americane a difesa delle loro alte tariffe in settori strategici per le esportazioni italiane, come calzature e abbigliamento [23].

Avvalendosi di una legge delega, Paolo Baratta ha varato una completa riforma del Ministero [24].

È la prima missione di un paese europeo dopo le vicende cinesi culminate in piazza Tienanmen.

Nel 1993, Baratta organizza un viaggio in Cina con una delegazione di rappresentanti di industrie; per la prima volta, sono presenti anche i concessionari di servizi e infrastrutture [25].

È poi chiamato a ricoprire ad interim anche l’incarico di ministro dell’industria.

Tra il 1995 e il 1996, Paolo Baratta viene chiamato nel Governo Dini a ricoprire, sempre come ministro tecnico, congiuntamente le due cariche di ministro dei lavori pubblici e di ministro dell’ambiente.

Come ministro dei lavori pubblici riattiva con provvedimento normativo (decreto legge n.101 del 95) la legge sugli appalti (la legge Merloni, sospesa dal governo precedente) e cura la redazione del primo regolamento previsto dalla legge [26]; vara il decreto sugli appalti di servizio (legge n. 157/98) e sui settori esclusi (legge n.158 del 95), prosegue la sistemazione delle opere rivenienti dalla liquidazione dell’Agensud (Cassa per il Mezzogiorno), dà impulso all’attività delle Autorità di bacino, da sempre considerate modello di intervento sul territorio. Viene riformulato lo statuto dell’Anas (duramente colpita da indagini giudiziarie): è trasformata in ente pubblico economico e viene istituito un servizio tecnico interno per le valutazioni di impatto ambientale di tutti i progetti.

È l’unica volta nella storia della Repubblica in cui la stessa persona è contemporaneamente a capo dei due dicasteri.

Il 1995 segna la ripresa dei cantieri dei lavori pubblici [27].

Al termine della conferenza dei servizi per la nuova ferrovia veloce Firenze-Bologna, Baratta ottiene, anche per il buon fine della conferenza stessa, la sottoscrizione da parte di tutti i partecipanti di un patto privato tra i soggetti pubblici. L’obiettivo è quello di organizzare una vigilanza permanente e una sede di primo confronto sulle possibili controversie, prima di accedere alle autorità amministrative [28]; si tratta di una novità nell’ordinamento amministrativo italiano, che porta risultati positivi nel corso della realizzazione dell’opera.

Come ministro dell’ambiente presiede il consiglio europeo dei ministri dell’Unione europea durante il semestre italiano. Viene approvata in questo periodo la procedura IPPC per le autorizzazioni agli impianti industriali.

Durante il suo mandato viene introdotto per decreto il limite alla presenza di benzene nelle benzine [33].

Con questi atti la superficie a parco nazionale in Italia più che raddoppiava fino a rappresentare il 7,8% circa della superficie totale del paese.

In quella veste, Baratta vara con decreto la costituzione di cinque Parchi Nazionali (Maiella, Gran Sasso, Cilento, Vesuvio, Gargano, La Maddalena) [29] e completa i negoziati per la definizione dei perimetri: una superficie totale di 530.000 ettari. Baratta sottoscrive inoltre l’intesa con la Regione Sardegna per il parco del Gennargentu, approva il piano di risanamento del sito di Bagnoli [31] e ne stanzia il finanziamento (90 m. su un totale previsto di 240).

Nella sua duplice funzione, Baratta presiede il comitato dei ministri per la salvaguardia di Venezia e della laguna e vara la formazione della commissione internazionale di esperti per una ulteriore valutazione di impatto ambientale petrolio dalla laguna [32].

Accelera procedimenti e definisce gli interventi in numerose “aree a rischio” (tra le altre: Sulcis Iglesiente, Taranto, Crotone, Bagnoli, Marghera).

Nel marzo 1998 Paolo Baratta è chiamato a presiedere la Biennale di Venezia [34]. La nomina arriva subito dopo l’approvazione di un’importante legge di riforma che innovava la natura giuridica della Biennale (che diventava di diritto privato) e la sua organizzazione (rapporti di lavoro regolati da contratti collettivi privati), mentre il consiglio di amministrazione viene ridotto da 19 a 5 componenti.

Inizia nel 1999 un periodo di regolarità annuale o biennale anche nell’attività degli altri settori, ai quali vengono assegnati nuovi spazi.

Per ottenere la possibilità di una adeguata dimensione della mostra internazionale “aperta” al mondo occorrono innanzitutto nuovi spazi chiaramente dedicati: inizia un profondo rinnovamento nella dotazione dei siti. Ottenuta prima in uso e poi in concessione dall’amministrazione del demanio civile e militare una vasta porzione dell’Arsenale di Venezia (solo in parte già utilizzato da precedenti mostre), viene avviato un programma di restauro e ristrutturazione per la realizzazione di vasti spazi espositivi. Si realizzano anche spazi teatrali da dedicare a danza, musica e teatro di cui la Biennale era priva fino a quel momento.

Con la riforma si afferma anche la forte autonomia concessa all’istituzione nel formulare i propri indirizzi e le proprie scelte. La Biennale, fino ad allora ente parastatale, viene da un periodo complesso, caratterizzato da instabilità e difficoltà nelle strutture; occorre innovare nell’organizzazione, ma anche negli indirizzi e nei programmi.

Nella Esposizione d’Arte il tradizionale modello di mostra organizzata su padiglioni nazionali e su una pluralità di mostre a tema, si evolve in via definitiva e permanente in un modello fondato su due pilastri: una mostra internazionale generale aperta a tutto il mondo, con un curatore nominato dalla Biennale, e il complesso dei padiglioni nazionali governati da un commissario e un curatore.

Il nuovo respiro, la stabilità e la chiara struttura organizzativa data alla mostra d’arte, nonché il miglioramento nell’offerta di spazi, hanno favorito l’aumento nel numero dei paesi partecipanti (da 59 a 86) e dei visitatori (da meno di 200.000 a 620.000) dal 1999 al 2017, senza che sia mai stata fatta attività di promozione sui paesi stessi, né assunti oneri di pubblicità.

Nel 2001 Paolo Baratta cessa la sua presidenza a pochi mesi dalla scadenza regolare .

Nel 2007 viene richiamato alla presidenza della Biennale per il quadriennio 2008/2011 (nel 2011 un giornale locale avvia una sottoscrizione internazionale per chiedere la sua conferma che raggiunge le 4500 firme), cui seguiranno ulteriori conferme nel 2011 (per il quadriennio 2012/2015) e nel 2015 (per il quadriennio 2016/2019).

Rinnovata l’Esposizione d’arte, viene dato particolare impulso alla Mostra d’architettura che in questi anni si afferma come il più importante appuntamento mondiale nel settore. Si completa il restauro dell’Archivio storico i cui fondi sono oggi valorizzati con mostre e iniziative varie. Si realizza la nuova Biblioteca (2010). L’Arsenale è recuperato con ulteriori impegnativi lavori di restauro (nelle Sale d’armi, ad esempio) realizzati con il contributo di paesi partecipanti. Si consolida la presenza di un ampio Padiglione Italia in Arsenale.

Harald Szeeman

Curatori e direttori artistici de La Biennale nominati sotto la presidenza e su proposta di Paolo Baratta

1999-2001

Harald Szeeman per l’Arte, Massimiliano Fuksas e poi Deyan Sudjic per l’Architettura, Carolyn Carlson per la Danza, Michele Dall’OngaroBruno Canino per la Musica, Giorgio Barberio Corsetti per il Teatro, Alberto Barbera per il Cinema.

2007-2011

Daniel Birnbaum e Bice Curiger per l’Arte, Aaron Betsky e Kazuyo Sejima per l’Architettura, Marco Mueller per il Cinema, Maurizio Scaparro e poi Alex Rigola per il Teatro, Luca Francesconi per la Musica, Ismael Ivo per la Danza.

2012-2015

David Chipperfield e poi Rem Koolhaas per l’Architettura, Massimiliano Gioni e Okwui Enwezor per l’Arte; Ivan Fedele per la Musica e, dopo un ulteriore anno affidato a Ismael Ivo, Virgilio Sieni per la Danza, mentre Alex Rigola è confermato per il Teatro e Alberto Barbera per il Cinema.

Dopo il 2015

Per gli anni recenti sono stati nominati Alejandro Aravena e poi Yvonne Farrel e Shelley Mc Namara per l’Architettura, Christine Macel e poi Ralph Rugoff per l’ Arte, Antonio Latella per il Teatro, Ivan Fedele per la Musica e Marie Chouinard per la Danza, mentre Alberto Barbera è stato confermato per il settore Cinema. Per l’Architettura 2020 è stato nominato Hashim Sarkis.

Per la Mostra del cinema, sospesa la realizzazione di un progettato nuovo palazzo del cinema al Lido, nel 2010 è avviato un generale programma pluriennale di riqualificazione e ammodernamento di tutte le strutture e delle sale storiche, come parte di un rilancio di quella che è stata la prima mostra internazionale del cinema, e che salirà negli anni successivi grazie a rigenerate strutture e stabili indirizzi ad un nuovo ruolo e prestigio internazionale. Biennale College Cinema (formula unica tra i festival) ottiene importanti risultati e riconoscimenti a livello mondiale.

Paolo Baratta ha sempre dichiarato che i principi ispiratori della gestione della Biennale debbono essere autonomia e spirito di ricerca, e quale metro di giudizio, la stima del mondo. Con un consistente aumento delle entrate proprie si rafforza il grado di autonomia dell’istituzione.

Vengono in questi ultimi anni concentrati sforzi nello sviluppo delle relazioni con la realtà locale, e in attività rivolte alla formazione: il programma “educational” raggiunge decine di migliaia di ragazzi delle scuole e vede l’intensa partecipazione degli insegnanti. Nascono il Carnevale Internazionale dei Ragazzi e il progetto Biennale Sessions, con il quale si favoriscono visite strutturate da parte di 130 Università di vari paesi e infine Biennale College, per attività formative rivolte alle nuove generazioni di artisti, che assume via via crescente importanza tra le attività della Biennale (in particolare DMT e Cinema). A questi progetti si aggiungono College VR, College Interno e College Scrivere in residenza.

Un costante lavoro di rinnovamento e crescita nell’organizzazione interna ha portato a un elevato livello di qualità delle strutture organizzative, del personale e dei procedimenti interni.

Nel 2015/16 è stato chiamato a presiedere la commissione per la selezione dei candidati alla direzione di musei dello stato a seguito della riforma dell’ordinamento degli stessi.

È presidente dell’Accademia Filarmonica Romana.

È consigliere della Fondazione Cini.

È stato per molti anni presidente dell’INARCH (Istituto Nazionale di Architettura).

È stato dal 1988 al 2012 consigliere e poi presidente della Fondazione Lorenzo Valla per i classici greci e latini, che aveva sostenuto come presidente del Crediop.

È stato consigliere dell’Istituto Italiano di Studi Storici di Napoli.

È stato consigliere dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e della LUISS di Roma.

È stato vice-presidente del FAI (Fondo Ambiente Italiano).

Onorificenze

Paolo Baratta è Cavaliere di Gran Croce al Merito della Repubblica Italiana.

È Officier de la Legion d’Honneur.