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Alla Biennale di Venezia, per la conferma del suo primato del settore delle Arti Visive, occorreva un nuovo impulso con una grande e qualificata dilatazione dei suoi spazi, attraverso nuovi e straordinari sviluppi.
Si trattava, in particolare, di ampliare la nostra capacità di accoglienza e rappresentazione in siti riconoscibili, dotati di precisa identità, e non per le sole esposizioni in corso, ma come scelta valida per il futuro. Una scelta strategica, in una fase in cui ci è chiesto non tanto e non solo di presentare in via prioritaria scuole o movimenti artistici, quanto di essere capaci, di rivelare, in dilatata possibilità, le diverse individualità artistiche operanti nelle varie parti del mondo (e con esse gli eventuali richiami al recente passato). Di rivelare cioè, nella nuova globalizzazione che tutti ci riguarda, ciò di cui gli artisti del
momento si occupano, le loro tendenze, le loro tensioni, i loro gesti; e di rappresentare (non di gerarchizzare) “l’altra verità”, la verità degli artisti, senza conoscere la quale la comprensione del nostro tempo sarebbe incompleta. In questo senso l’Esposizione Internazionale d’Arte non si rivolge solo agli specialisti e ai cultori, ma a chiunque voglia arricchire la propria conoscenza e quindi la propria appartenenza al presente. Ed in tal senso va anche il nostro impegno verso i giovani: appositi programmi didattici saranno attivati da settembre in collaborazione con le scuole.
Acquistano in tal modo nuova valorizzazione anche le presenze dei “padiglioni” degli altri paesi che hanno colto il nuovo che viene dalla Biennale, rispondendo con slancio e interesse (e non solo nel campo delle arti visive ma anche nei restanti settori in particolare in quello di Danza Musica e Teatro, nel frattempo riorganizzato). La 49. Esposizione segna la più vasta partecipazione di paesi nella storia della Biennale (64). Fenomeno interessante anche perché si va via via evolvendo il ruolo dei padiglioni: da “rappresentanze” a “mostre originali”, promosse direttamente dai paesi con propri curatori. Agli spazi piani del Padiglione Italia e agli spazi plastici dell’Arsenale monumentale di Venezia, già aperti nei due anni scorsi e fortemente caratterizzati dalle architetture veneziane di fine Cinquecento, si aggiungeranno con i lavori di quest’anno due nuovi spazi nelle Tese delle Vergini, dopo le cosiddette Gaggiandre: spazi più severi, due vere e proprie “camere oscure” dalle quali si potrà poi accedere al verde del Giardino delle Vergini.
Di sorpresa in sorpresa. Anche i nuovi spazi destinati a Danza Musica e Teatro sono nel frattempo ulteriormente ampliati e integrati con gli spazi espositivi. Alla continuità del nostro lavoro non poteva non corrispondere la collaborazione intersettoriale. Altri settori dedicheranno espressamente alla Mostra alcune produzioni del loro programma. Tale è il caso, ad esempio, della Danza. Sono poi presenti nella 49. Esposizione registi di cinema appositamente invitati a produrre un loro lavoro. Sarà inoltre presente, esposta come un’opera, la poesia.
Con la realizzazione di questi nuovi spazi dilatati, la Biennale offre ai direttori nuove e più articolate potenzialità. E tutti i direttori le hanno sapute cogliere.

In grande sintonia con tale dilatazione, Szeemann ha potuto impostare su questa nuova piattaforma prima il suo “dAPERTutto” nel 1999 e ora la “Platea dell’umanità”. E questa sintonia non poteva mancare da parte di un curatore che, per sua indole e formazione culturale, ama molto scoprire gli artisti del mondo nel loro gesto creativo più che classificarli come critico.
Tutti quanti i collaboratori ringraziamo per l’incredibile entusiasmo che dedicano a questa straordinaria impresa che è La Biennale di Venezia.

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